Tessera del tifoso,ultimo stadio

La rivoluzione del tifo italiano: I pro, i contro, il dubbio d'incostituzionalità e il flop di Marassi

Dopo i mondiali sudafricani, stagione calcistica 2010/2011. Una rivoluzione attende al varco i nuovi campionati di A e B. La Legge 41/2007 cambierà il modo di andare allo stadio degli italiani. Più di quanto già fatto da pay-tv, calcio spezzatino, tornelli, steward e biglietti nominativi. La Tessera del Tifoso si spingerà oltre: chi è senza non vedrà più dal vivo la propria squadra del cuore. Dal 29 Agosto solo per le trasferte nei settori ospiti. Forse poi dappertutto, pure per le gare in casa. Lo dice l'Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive. Lo ripete il Ministro dell'Interno Roberto Maroni. Sarà obbligatoria: “Si tratta di un riconoscimento alle forze dell'ordine e a tutti quelli che si sono impegnati per creare una situazione di sicurezza negli stadi. Dopo l'omicidio Raciti è stato fatto un ottimo lavoro”. 

FIDELITY CARD
Pensata come misura per contrastare il fenomeno della violenza degli ultrà, in realtà la Tessera del Tifoso è uno strumento di marketing, un vero e proprio mezzo di fidelizzazione che profila (e screma) gli utenti di curve e tribune creando una rete di 'tifosi ufficiali', un data base di clienti riconosciuti e validati. Un circuito di consumo al credito tipo bancomat con foto-tessera, dati sensibili e micro-chip modello scheda telefonica ricaricabile. Una carta per l'acquisto di abbonamenti e biglietti per lo stadio che facilita programmi membership con sconti, convenzioni e accumulo punti con aziende partner. La si avrà gratis o dietro pagamento, a seconda dei casi. Il Milan ha la 'Carta Cuore Rossonero' (senza spazio-foto e codice a barre), l'Inter la 'Siamo Noi' con Mastercard, si ritira alla Banca Popolare di Milano, 10 € dopo la Champions. La Juve offre 'Member Card' (kit a 36 € annui). Per i blucerchiati c'è 'Samp Card' e la Roma vende a 15 € (nuovi abbonati) la 'Club Privilege', Visa Electron.    

IL FRONTE DEL NO
Un pool di avvocati è ricorso al TAR del Lazio lamentando l'incostituzionalità dell'articolo 9 della L. 41/07, che vieta alle società di rilasciare la card “a soggetti che siano stati destinatari di provvedimenti di cui all'art. 6 della L. 401/89 ovvero a soggetti condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive”. Tradotto, niente Tessera del Tifoso per chi è (stato) raggiunto da un Daspo o per chi ha una condanna per reati da stadio, anche se solo di primo grado e non definitiva. Alla faccia del garantismo, dello stato di diritto, del presupposto di non colpevolezza sino alla Cassazione e del percorso riabilitativo col reinserimento sociale: per la legge sono tifosi indesiderati vita natural durante e per toglierseli di mezzo basta un provvedimento amministrativo senza processo (Daspo) o una condanna prima del terzo grado di giudizio. Da qui le proteste e il fronte comune: striscioni, cori, cortei, raduni, manifestazioni. Un subbuglio nazionale  al grido di NO ALLA TESSERA. Dalla curva dell'Atalanta a quelle di Vicenza, Lecce, Samp, Genoa, Reggiana, Trieste, Verona, Pisa e Modena. Dalla Lazio alla Roma, Milan, Inter, Napoli e Juve comprese. Le une con le altre, insieme a tante altre (con qualche eccezione). Amici coi nemici, oltre le barriere. Coi tifosi organizzati di Cremonese e Parma che hanno già sentenziato: “Non ci pieghiamo, non faremo la Tessera del Tifoso e non faremo nessun abbonamento alla Cremo. Vogliamo continuare ad essere padroni di noi stessi”, dicono gli ultras grigiorossi. “Il tifo libero non si tessera. Noi Boys non faremo la Tessera del Tifoso. Per entrare allo stadio non chiederemo nessun permesso né alla Società, né alla Questura, né a Maroni: non sottoscriveremo nessuna carta di credito. Se il Parma la renderà obbligatoria, non faremo l’abbonamento”, ripetono dalla Curva Matteo Bagnaresi. E i Friulani al Seguito di Udine sono sulla stessa strada: “Vogliono manipolare la nostra fede calcistica, la nostra libertà di espressione, il nostro modo di vivere la partita per avere il controllo sul prodotto calcio che ci verrà servito nel modo e nei tempi che decideranno loro”. In ballo, dicono, c'è la libertà dei cittadini (garantita dalla Costituzione) di fruire di luoghi pubblici e di muoversi liberamente sul territorio nazionale. “Non mi piacciono le schedature, tanto meno dei tifosi”: non lo dice un curvarolo pregiudicato, ma il CT della Nazionale Marcello Lippi. Questa legge reprime e ghettizza l'aggregazione giovanile, colpendo nel mucchio, sparando all'impazzata. Buttando il bambino con l'acqua sporca. Rendendo  invisibile e più pericoloso il fenomeno del reazionarismo da calcio. Domani anonimo e mimetizzato. 

GENOA-MILAN, PRECEDENTE FLOP
L'ultimo Genoa-Milan a Marassi: pensata come prova generale, è diventato un boomerang, un precedente ingombrante, non solo per l'uccisione (1995) del genoano Spagnolo . Il CASM autorizza la trasferta dei rossoneri muniti di Tessera del Tifoso. Da Milano in 371, conformi alla legge, acquistano i tagliandi del settore ospiti. I tifosi rossoblù progettano un sit-in e un corteo di protesta. La tensione sale alle stelle. Il Sindaco di Genova chiede aiuto a Maroni per bloccare il viaggio dei milanisti. Il Ministro tace 7 giorni e quando mancano 18 ore dalla partita (colpo di scena!) il Prefetto ligure impone la gara a porte chiuse, causa ordine pubblico. Tutti a casa con buona pace della 'Carta Cuore Rossonero' e dei 23.125 abbonati genoani. E pure dei diritti dei consumatori e del rivoluzionario progetto culturale della Tessera del Tifoso. Che già prima di entrare nel vivo, mostra più insidie che certezze.     

Maurizio Martucci

 

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